Vaccini, mascherine, distanziamento, aria “contaminata”: iniziamo a ragionare. Ovvero, utilizziamo la logica della medicina preventiva integrata.

Prof. Antonio Vittorino Gaddi

Antonio Vittorino Gaddi (*), Maria Teresa Savo (^) e Maria Grazia Modena (°)

 (*) Bologna – Società Italiana Salute Digitale e Telemedicina,(^) Padova, (°) Modena, Università di Modena e Reggio Emilia.

1.0 Premessa: forse qualcuno non lo ha ancora capito

Premessa: forse qualcuno non lo ha ancora capito, ma siamo di fronte a una pandemia.

Il termine pandemia deriva dal greco πάνδημος, pándēmos, “di tutto il popolo” o anche “ciò che interessa tutte le persone, il pubblico”. Per i Greci la malattia riguardava non il singolo ma tutta la comunità, non il singolo atto ma l’insieme di tutte le azioni.

La pandemia da Sars-Cov-2 ne è  l’esempio più eclatante, perché sconvolge la vita della comunità così come quella del singolo e perché non sembra conoscere confini spazio temporali,  almeno in questo scorcio di secolo. È trascorso ormai più di un anno da quei fatidici giorni che vengono ricordati come il punto di non ritorno, con lo sbigottimento di dover convincersi che non era solo uno scherzo del destino o un brutto sogno, ma una realtà di durata ignota.

Trarne i bilanci ad ora è impossibile: è però evidente che il traguardo è lontano e siamo solo nel mezzo di una guerra totale, oggi declinabile come tutti contro il virus (o meglio quasi tutti, o almeno molti, contro il virus) e un domani forse in “tutti e il virus contro tutti”. Caveat.

Dunque serve una visione strategica tale da consentire di abbracciare l’intero orizzonte di questo combattimento titanico. Riteniamo si debba partire da pochi punti fermi

  1. La Covid-19 (malattia) riguarda tutta la popolazione, affetta o meno, in tutte le  nazioni del mondo. Quindi va combattuta da tutti, affetti o meno, e ovunque sul pianeta[1],  e non solo da truppe scelte, come manipoli di epidemio-burocrati regionali, di virologi transnazionali, di volontari non sempre bene organizzati, di truppe d’elite ospedaliere. Per non parlare di quando le truppe o i generali sono scelti male.
  2. La Covid-19 si trasmette massimamente attraverso l’aria[2], e dunque combattiamola a questo livello. In subordine
    • L’aria si può sterilizzare (si),
    • l’aria si può filtrare (si),
    • l’aria si può spostare (ad esempio dall’interno all’esterno di ambienti) (si)
    • sono possibili misure di difesa collettiva (si)
    • sono possibili misure di difesa individuale (si) [3]
  3. In assenza di informazioni esatte (evidence based, che vuol dire fondate su solidi dati sperimentali; cfr paragrafo successivo) utili per scegliere l’unica o la principale arma difensiva… va da sé che l’adozione con emporanea di tutte le misure difensive potenzialmente efficaci rappresenti la soluzione migliore. In altri termini questo vuol dire abbandonare lo schema “o o”, vale a dire : per un tempo x, nel territorio y, la categoria z si tiene a 1,5 e non a 1 metro di distanza; per x1, y1 la categoria z1 non varca i confini del proprio comune, e per x2, y2, z2  non va a trovare i parenti a Natale.  Abbandonare lo schema “o o” significa  passare a quello “e e”, cioè alla adozione contemporanea, compatibile con la vita/lavoro, di tutte le migliori misure difensive da parte di tutta la popolazione; solo dopo, in aggiunta, ricorrere a misure aggiuntive distrettuali.
  4. Negli eventi critici di massa, come questo, i manuali insegnano che si deve disegnare sempre lo scenario peggiore e prepararsi a quello. Questo -con proterva e cieca stupidità- ancora non è stato fatto. Quindi lo scenario peggiore ci coglierà ”necessariamente” impreparati. È falso che, prevedendo il peggio, questo induca scompensi irreparabili nella società. È una scusa buonista che nasconde solo ignoranza e assenza di senso di responsabilità: non sappiamo cosa fare e come fare, ma facciamo solo alcune cose urgenti passo passo per non allarmare la gente: se questa policy avesse funzionato non avremmo nulla di cui discutere in questo momento!
  5. Una persona non infetta e non portatrice non dissemina il virus. Una infetta o portatrice sì,  un vaccinato speriamo di no, ma probabilmente servirà una conferma (nel tempo e/o per vaccini a bassa efficienza). 

È evidente che quanto sommariamente descritto al punto c) –ovvero un cambiamento di paradigma- è di difficile attuazione. Proprio per questo scriviamo queste note: perché va fatto, è difficile farlo, quindi si deve iniziare immediatamente a farlo, come? con la convergenza di tutte le forze del paese per ottenere questo risultato. Più l’impresa è ardua, prima deve partire e meglio va programmata. In particolare serve che tutte le persone sappiano in che direzione andare e secondo quali orizzonti temporali.

Una soluzione a queste difficoltà deriva dal ricorso programmato, razionale e basato su prove, alla Telemedicina ed alla eHealth per facilitare una mobilizzazione generale orientata (principio della sommazione dei vettori in medicina preventiva integrata). Ma non vogliamo tornare su questo punto, già trattato in queste pagine fin dall’inizio della pandemia, e purtroppo non ascoltato.

2.0 Serve misurare per capire

Serve misurare per capire cosa funziona, serve misurare anche l’entità degli errori fatti in passato, imparando anche da quelli.

Ad oggi, l’assenza di ricerche sistematiche ben condotte, l’approssimazione dei rilievi epidemiologici, la continua adozione di provvedimenti variabili nello spazio e nel tempo, sotto la spinta di decisioni emozionali/emergenziali, a volte senza concedere il tempo perché facciano effetto (o senza averne definito i possibili indicatori di outcome), sta impedendo di ripercorrere i fili della logica e sta ingarbugliando ancora di più la matassa.

Il più grande alleato del virus ad oggi è stata la fretta. Fretta di sperimentare, senza curare i materiali e i metodi, fretta di esprimere la propria opinione, senza pensare alle conseguenze delle parole dette, fretta di pensare che sia tutto finito quando il virus si insinuava tra di noi sfruttando la vecchia tecnica del cavallo di Troia. L’emergenza di Marzo 2020 ha reso inevitabile scelte avventate, ma ad un anno di distanza non esistono più scusanti per studi pubblicati online e mai messi in discussione, per il dilagare delle fake news, per non aver ancora capito né studiato, per averlo fatto poco e male. L’analisi della letteratura, riproposta da alcuni Editor di importanti riviste scientifiche, ha evidenziato come solo una percentuale molto bassa, (8-9%) delle pubblicazioni scientifiche, contenga dati sperimentali utili che contribuiscono a combattere meglio la pandemia o a capire chi è il nostro nemico.

Ora bocce ferme per favore e cominciare a studiare seriamente il problema. A iniziare dalle fantomatiche mascherine antivirali, che NON abbiamo, così come non abbiamo una disciplina di riferimento per la filtrazione del virus. Ricerche direi quasi “banali” e anche relativamente facili, ma di fatto per nulla o poco attivate. E così tante altre. Dunque: programmazione della ricerca e non contributi randomici.

3.0 I vaccini da soli non bastano

I vaccini da soli non bastano. O meglio bastano a sventolare una promessa alla popolazione e alle imprese. Guardando ad oggi (4-3-21) le curve di discesa dei contagi giornalieri dei paesi più virtuosi (Israele, UK ad esempio) l’effetto non pare ancora evidente. Lo sarà di sicuro, ma varianti permettendo.

Recenti studi riportano un’efficacia compresa tra il 94 e il 95% ma la fetta di popolazione studiata risulta estremamente selezionata. Ad esempio, la fase tre del trial BNT162b2 mRNA contro Covid-19 ha incluso solo un numero limitato di persone 21,720, successivamente randomizzate. Altro limite è stato includere solo i pazienti con malattia cronica stabile. Per questo, una volta avviata la vaccinazione di massa alcuni studi sono stati condotti con lo scopo di riproporre gli attesi risultati dei trial. Invitiamo a leggere un interessantissimo articolo, recentemente pubblicato sul New England Journal of Medicine in cui viene proposto lo studio israeliano di Dagan. In questo studio gli outcome principali sono stati l’infezione confermata da SARS-CoV-2 con un test PCR, la documentata sintomatologia da Covid-19, l’ammissione in ospedale per Covid-19, sintomi severi da Covid-19 o decesso causato dallo stesso. I dati, molto incoraggianti, confermano su larga scala l’efficacia della vaccinazione con BNT162b2 mRNA, con valori di efficacia simili a quelli raggiunti durante il trial, confermando a 7 giorni dalla seconda dose, un’efficacia pari al 94% nel prevenire l’infezione da Sars-Cov-2.

Ma, a fronte di questi risultati incoraggianti, esistono delle tempistiche tecniche, legate alla disponibilità delle dosi e alle organizzazioni delle sedute per raggiungere una vaccinazione di massa sufficiente ad impedire il dilagare del virus. Quindi tutti devono capire che si tratta di una lotta giocata sul filo del rasoio nella quale l’efficienza e la velocità delle campagne vaccinali gioca ancor di più della stessa efficacia dei singoli vaccini.

Solo un vaccino (speriamo ! speriamo !! speriamo !!!) efficace contro tutte le varianti future potrebbe dare maggiori garanzie e potrebbe delineare uno scenario realistico di vittoria della partita anche se giocata su tempi lunghi . Altrimenti si rischia di immettere nel sistema risorse economiche di uomini e mezzi da capogiro per non ottenere alcun risultato. Inoltre le vaccinazioni non sono mirate in modo razionale  sui candidati alla ospedalizzazione o all’aggravamento, che pure potrebbero essere identificati: vi è una interessantissima proposta in merito sviluppata da Ricercatori Italiani, tra cui i Colleghi Giuseppe Mancia e Giovanni Corrao che potrà fornire  soluzioni operative efficaci! Viceversa l’uso acritico della sola età come discriminante (partendo dagli ultra-ottuagenari) dovrebbe essere declinata meglio, sia dal punto di vista scientifico sia da quello  etico e del diritto.

Scopriremo quanto le vaccinazioni mitigheranno la pandemia o ridurranno la velocità di selezione delle varianti in itinere; durante questo cammino dobbiamo utilizzare tutte le altre armi, secondo una logica precisa, assieme alle politiche vaccinali e NON nell’attesa che i vaccini funzionino, il che non è scontato.

Ad oggi, non esistono dati definitivi di una ridotta capacità di trasmissibilità dell’infezione una volta vaccinati, sia per il rischio residuo di avere assumendo il vaccino in modo inefficace (da 5 al 30% a seconda dei casi), sia in funzione del combinato disposto che attiene alla rimodulazione della risposta immune nel tempo e rispetto all’arrivo di varianti maggiori o minori. Il vaccino serve a proteggere in primis la persona vaccinata evocando una rapida risponda immune, ricorrendo alle cellule della memoria, nel momento di un eventuale contatto con il virus ma non impedisce la trasmissibilità dell’infezione una volta contrattata.

Da solo il vaccino, non può essere sufficiente, bisogna implementarne l’attività riducendo non solo l’aggressività della malattia ma anche la probabilità di contagio e  infezione.

4.0  Altre armi preventive e terapeutiche

Altre armi preventive e terapeutiche a disposizione della comunità e del singolo individuo  i device di protezione individuale, tra cui in primis  sono le mascherine, se dotate di filtri capaci di impedire il passaggio dei virus (cosa che molte mascherine non fanno adeguatamente). L’uso corretto della mascherina, il suo cambio, il suo uso specifico per ogni situazione rappresentano la prevenzione primaria dell’infezione, nel modo più semplice concepito. In aggiunta, ulteriori armi sono l’air cleaning, soprattutto nei luoghi affollati, non semplicemente negli ospedali, ma anche nei supermarket, nelle palestre, nelle abitazioni e in generali tutti i luoghi dove il ricambio d’aria tradizionale è deficitario.

La cosa più semplice da fare in questo momento sarebbe chiarire i requisiti ottimali delle difese  antivirali da adottare nelle varie situazioni ambientali e alle varie tipologie di lavoro,  e alle varie categorie di persone.  Cittadini e imprese devono sapere come controllarsi.

In sintesi: usiamo tutte le armi possibili, ad esempio:

  1. La conoscenza del virus (=ricerca, mai potenziata abbastanza).
  2. La cultura e la formazione della popolazione per adottare i comportamenti migliori nelle scuole e sui media, da sostituire alle voci, non sempre all’unisono, dei soliti Guru, ospiti indiscussi e contesi dai vari talk show televisivi.
  3. La conoscenza del proprio stato rispetto al Covid-19 (=responsabilizzazione nei comportamenti)[4] [5] a livello di intera popolazione o di fasce molto ampie.
  4. L’uso corretto di DPI efficaci (mascherine, oggi utili al 30-40% invece che al 90-100%).
  5. La pulizia dell’aria che respiriamo, da declinare in modo integrato con il distanziamento  sociale e con l’uso dei DPI (qui c’è un intero universo ancora da attivare e utilizzare come arma di mitigazione, a partire dalle Scuole).
  6. La vaccinazione rapida di strati di popolazione mirati (con finalità sia di contenimento sia di mitigazione delle conseguenze cliniche).

La figura sintetizza quanto spiegato nel testo: solo sincronizzando i vettori delle “forze difensive”  si può spostare il punto in una direzione favorevole Si ringrazia la Sig.ra Valentina Martinotti per il contributo grafico

Sta ai Governi dettare le politiche di sincronizzazione e corretto orientamento di tutti i vettori (economici, scientifici, clinici, comportamentali individuali e collettivi, sociali) nella giusta direzione, anche solo riducendo gli angoli di divergenza di questi. Solo così i popoli, ben orientati, batteranno il virus. Lo scriviamo convinti di avere oggi gli Uomini che possono fare questa, pur ardua, impresa, Uomini che comunichino quello che fanno e non quello che vorranno fare.

Letture interessanti

Polack FP, Thomas SJ, Kitchin N, et al. Safety and efficacy of the BNT162b2 mRNA Covid-19 vaccine. N Engl J Med 2020;383:2603-2615.

Baden LR, El Sahly HM, Essink B, et al. Efficacy and safety of the mRNA-1273 SARS-CoV-2 vaccine. N Engl J Med 2020;384:403-416.

Capello e al. Risk communication at the time of Coronavirus: are we washing our hand of COVID-19? Available on reserch gate DOI: 10.13140/RG.2.2.36000.53766

Noa Dagan, Noam Barda, Eldad Kepten et al. BNT162b2 mRNA Covid-19 Vaccine in a Nationwide Mass Vaccination Setting. N Engl J Med. DOI: 10.1056/NEJMoa2101765

Thomas H. Lee, M.D., and Alice H. Chen Last-Mile Logistics of Covid Vaccination — The Role of Health Care Organizations N Engl J Med 2021; 384:685-687 DOI: 10.1056/NEJMp2100574


[1] questo è il punto più critico, ma almeno l’Europa potrebbe dare l’esempio

[2] Non trascuriamo le altre vie possibili, che comunque sembrano avere un peso modesto, almeno in base ai dati a oggi disponibili. Warning: gli studi sulla resistenza del virus sulle superfici, in varie condizioni ambientali, sono modesti e forniscono dati non del tutto coerenti. Colpa questa delle insufficienti ricerche di base.

[3] I punti elencati da a ad e sono facili da dire e difficili da attualizzare. Ma proprio per questo dovrebbero essere oggetto di studio e applicazione immediate

[4] Vi è qualche pubblicazione che suggerisce una contagiosità decisamente ridotto tra coloro che si controllano con test anche rapidi per verificare il proprio rischio (non solo di essere malati!) ma di poter trasmettere la malattia

[5] Anche solo in modo probabilistico e non deterministico, ma sarebbe già un grandissimo vantaggio. L’argomento è stato trattato su queste  pagine.

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