Si fuma per la nicotina, si muore per la combustione!

Dott. V. Montemurro

Incominciamo col dire che:
… la nicotina non aumenta il rischio di cancro polmonare né in vitro né in vivo
… non promuove la crescita del tumore polmonare
… il trattamento in vivo con nicotina non promuove nel topo lo sviluppo di un tumore polmonare a piccole cellule
… il trattamento del ratto con nicotina per inalazione per 2 anni (long-life) ad una concentrazione doppia di quella mediamente utilizzata da fumatori pesanti non aumenta la probabilità di sviluppo di alcun tumore, compreso quello polmonare.

Obiettivo primario rimane la cessazione del fumo di sigaretta ma il successo della prevenzione primaria e anche secondaria (dopo eventi maggiori) è limitato.
I principali effetti dannosi del fumo di sigaretta sono legati ai residui della combustione: principalmente monossido dicarbonioma anche gas ossidantie altre sostanze chimiche tossiche che inducono stress ossidativo e disfunzioneendotelialeinsieme al rilascio di citochine infiammatorie, insulino-resistenza e uno stato pro-trombotico.

La cessazione del fumo di sigaretta a combustione rimane chiaramente la strategia più efficace nel ridurre il rischio di danno e patologie dei fumatori.
Tuttavia, il numero di fumatori si è stabilmente accresciuto a livello mondiale (1 miliardo e 200 milioni) ed esistono indicazioni preliminari che mostrano un incremento della prevalenza globale tra i maschi, negli ultimi anni.
Gli effetti nocivi sulla salute causati dal fumo sono primariamente indotti dalle sostanze prodotte nel corso della combustione del tabacco.

Il report dell’ISS in occasione della giornata mondiale senza tabacco il 31 maggio 2022 faceva rilevare che “quasi un italiano su quattro (il 24,2% della popolazione) è un fumatore (12.400.000), una percentuale che non era stata mai registrata dal 2009. Dopo un lungo periodo di stagnazione si assiste quest’anno a un incremento di 2 punti percentuali. I fumatori, infatti, erano il 22% nel 2019, ultimo anno di rilevazione pre-pandemica”.

Sempre l’ISS precisava che, In Italia gli utilizzatori abituali e occasionali di e-cig sono il 2,4% della popolazione, ovvero circa 1.200.000 persone.

Per quanto riguarda le sigarette a tabacco riscaldato (HTP), queste vengono utilizzate abitualmente o occasionalmente dal 3,3% della popolazione italiana, circa 1.700.000 persone. Il fumo di sigaretta è responsabile del 12% di tutte le malattie cardiovascolari e il 17% di tutte le morti cardiovascolari sono da attribuire al fumo! A tal proposito si fa rilevare che, la cardiopatia ischemica è più frequente di 3-5 volte nei fumatori, lo stroke di oltre due volte, l’aneurisma dell’aorta addominale di circa 10 volte.

Le malattie cardiovascolari gravano nelle casse dello stato per 41 miliardi di euro circa, ovvero il 15% della spesa sanitaria.
Ogni anno in Italia le vittime per MCV sono oltre 220 mila, 602 al giorno, 25 ogni ora! Il fumo, l’ipertensione arteriosa, diabete mellito, l’ipercolesterolemia ecc. rappresentano, ancora oggi, la più importante causa di mortalità nella popolazione adulta. La spesa pro-capite è di 726 euro, sopra la media europea che è pari a 636 euro pro-capite.

E se i costi per i trattamenti e i ricoveri toccano cifre così alte, la percentuale di spesa pubblica dedicata alla prevenzione è pari al 7,3% del Fondo sanitario nazionale nel 2022, fra le più basse in Europa. Cosa Fare? Per abbassare i numeri servirebbe fare più prevenzione, in primis è necessario adottare stili di vita corretti (smettere di fumare), eseguire gli screening per la diagnosi precoce, adottare adeguate e opportune strategie per la prevenzione. La prima norma di tutela dei non fumatori viene introdotta nel 1975: “Legge Degan” la legge n. 584 dell’11 novembre 1975 stabilisce il divieto di fumare in determinati locali e sui mezzi di trasporto pubblico.

Nel 2003 viene emanata la legge n. 3 (art. 51), “Tutela della salute dei non fumatori” (Legge Sirchia) e le disposizioni legislative sul tabacco si fanno più rigide ha esteso il divieto di fumo a tutti i locali chiusi.

Il censimento dei Centri Antifumo su tutto il territorio nazionale concluso a maggio 2022 registra 223 Servizi.Continua pertanto la tendenza in diminuzione del numero dei Centri Antifumo attivi in Italia: erano infatti 268 nel 2021 e 292 nel 2019. I Centri Antifumo, nati per offrire trattamenti integrati e per questo si avvalgono di differenti professionalità, tra cui medici, infermieri professionali, psicologi. Tra le tipologie di intervento proposte: il counselling individuale (68%), la terapia farmacologica (62%), la psicoterapiadi gruppo(30%), la psicoterapia individuale(30%) e gruppi psicoeducativi(19%). I fumatori che non possono o non vogliono smettere possono però beneficiare significativamente dall’adozione di un approccio di riduzione del rischio e si sta sviluppando un crescente consenso nell’includere tale approccio nell’algoritmo per la cessazione del fumo di sigaretta, disegnati specificamente per tali pazienti «difficili». In questi casi, viene anche ritenuto opportuno il ricorso a prodotti del tabacco non combustibile nel caso non si voglia utilizzare la terapia nicotinica sostitutiva o di fallimento di quest’ultima.

Insieme ai classici interventi per la cessazione, è ragionevole iniziare ad adottare un approccio di riduzione del rischio/danni, sviluppando algoritmi specifici per i fumatori che non sono ancora pronti a smettere. A tal proposito, se si elimina la combustione passando a prodotti smokeless si ha una riduzione del livello di rischio di oltre il 90% rispetto alla sigaretta tradizionale. Pertanto, il concetto della riduzione del rischio/danno può rappresentare una opportunità e una strategia da perseguire nei fumatori inveterati.
Bisogna, a mio avviso, intraprendere una battaglia culturale, sulla base della letteratura scientifica disponibile sui prodotti a rischio ridotto. I cardiologi nella promozionedella “smoking cessation”dovrebbero essere i maggiori sostenitori delle misure contro il tabacco in ambito di sanità pubblica. In conclusione, discutere ancora oggi sul tema lotta al Tabagismoe diffondere la cultura dellaDisassuefazioneè una necessità urgente,di alto profilo etico. In considerazione che in Italia il 16% dei medici fuma e gli operatori sanitari fumatori superano il 25%, appare necessario e urgente migliorare la competenza del personale sanitario sui danni del fumo di tabacco, i meccanismi della dipendenza, le politiche di controllo e sui metodi per smettere di fumare.
Attualmente questa tematica è praticamente assente nei percorsi di studio dei professionisti della salute.

Dott. Vincenzo Montemurro
Resp.le Ambulatorio di Cardiologia
C.D.S. “Scillesi d’America” – Scilla
Segretario Generale Fondazione
“Il Cuore Siamo Noi” della S.I.C.

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