Il disturbo da attacchi di panico nel quadro della collaborazione multidiscipinare

Per attacco di panico si intende un preciso periodo di grave ansia durante il quale vi è l’insorgenza di apprensione, paura e terrore, associati spesso con la sensazione di catastrofe o morte imminente.

Due esempi tipici di fobia sono la claustrofobia (ansia o evitamento verso luoghi o situazioni in cui il soggetto si trova ristretto in uno spazio chiuso come gli ascensori i cunicoli ecc.) e l’agorofobia. Quest’ultima fobia, spesso associata all’attacco di panico, consiste in ansia o evitamento nei confronti di luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi o nei quali potrebbe non essere disponibile aiuto in caso di malessere e in particolare di attacco di panico.

Secondo il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders of The American Psychiatric Association (DSM), il disturbo di panico rientra nella sezione dei disturbi d’ansia. Con i disturbi dell’umore, i disturbi d’ansia costituiscono la patologia dell’affettività, termine per lo più usato in psicopatologia per indicare la tonalità, piacevole o spiacevole, che domina lo stato d’animo o tono dell’umore e l’insieme delle emozioni e dei sentimenti che l’essere umano è in grado di esperire. Il substrato anatomo funzionale dell’affettività comprende il sistema limbico, costituito da strutture cerebrali corticali, tra cui il giro del cingolo, il lobo olfattorio, l’ippocampo, nonché strutture sottocorticali tra cui l’amigdala, il septum e l’epitalamo, nonché strutture del tronco cerebrale tra cui il locus coeruleus.

L’ansia è un sintomo della patologia dell’affettività che consiste in uno stato di apprensione, di disagio e di tensione collegati all’anticipazione di un pericolo per la propria integrità o sopravvivenza ovvero per quella delle persone amate. Si tratta di un pericolo per lo più indefinito, anche se talvolta focalizzato su un oggetto o una situazione determinata.

Epidemiologia

I pazienti affetti da disturbo di panico, prima di diventare di competenza specifica del neurologo o dello psichiatra, coinvolgono spesso, anche per un lungo periodo, la pratica clinica di medici di diversi settori (generalisti, cardiologi, geriatri, specialisti in medicina d’urgenza, otorinolaringoiatri, endocrinologi). Parliamo quindi di una patologia che deve essere affrontata nel quadro della collaborazione multidisciplinare. Si tratta di un disturbo che comporta gravi disagi personali e menomazione, spesso grave, del funzionamento lavorativo e sociale e ha una rilevante diffusione: le percentuali di prevalenza in un anno oscillano tra lo 0,5% e l’1%; nei campioni clinici il disturbo viene diagnosticato nel 10% dei casi inviati per un consulto psichiatrico. Negli USA l’1,7% degli adulti (circa 3 milioni) ha avuto nel corso della propria vita un attacco di panico. Indagini sull’incidenza degli attacchi di panico, condotte tra studenti di College americani, hanno evidenziato percentuali variabili tra il 6% e il 51%, mentre analoga indagine svolta tra studenti italiani ha riscontrato una percentuale del 32%. I dati riportati nel DSM IV (2001) indicano che gli attacchi di panico sono più comuni del disturbo di panico con una prevalenza del 10% circa. Le disparità che si rilevano fra i vari studi di prevalenza, che danno cifre variabili tra l’1,8% e il 15,6%, sono verosimilmente secondarie alla diversa metodologia impiegata negli studi stessi. Alcuni studi hanno dimostrato che in Italia il 10% degli abitanti delle grandi città soffre di attacchi di panico ripetuti. Tuttavia, nonostante l’elevata incidenza rilevata, solo una piccola parte degli individui affetti da attacchi di panico sviluppa in seguito un disturbo d’ansia, come il disturbo di panico. La maggior parte degli attacchi di panico resta infatti un episodio isolato.

Eziopatogenesi

A proposito dell’eziopatogenesi del disturbo da attacchi di panico, sono considerati fattori di rischio:
a) eventi psicostressanti incentrati sulla separazione (per es. lasciare la casa dei genitori per andare a vivere da soli, lasciare la famiglia per lunghi periodi per ragioni di lavoro o altro, divorziare) e sulla marginalità di una o entrambe le figure genitoriali che hanno agito nell’infanzia;
b) instabilità della famiglia originaria che determina insicurezza sotto forma di sensazione di non essere equipaggiati per affrontare adeguatamente i pericoli della vita;
c) eventi psicostressanti di vario tipo che hanno agito negli ultimi 12 mesi;
d) il genere sessuale di appartenenza: secondo il DSM IV TR il disturbo di panico senza agorafobia viene diagnosticato con una frequenza doppia, mentre la forma con agorafobia con una frequenza tripla; e) eredofamiliarità: molti studi dimostrano che se l’età di esordio del disturbo di panico è inferiore ai 20 anni, i parenti di primo grado hanno una probabilità venti volte maggiore di sviluppare lo stesso disturbo.
In materia di patogenesi, molti autori ritengono che l’attacco di panico origini dal tronco cerebrale per una regolazione difettosa dei sistemi noradrenergici a partenza dal locus coeruleus, e che l’ansia anticipatoria derivi da una disfunzione delle strutture limbiche. A favore di quest’ultima ipotesi stanno fattori di ordine psicofarmacologico, come l’alta densità di recettori per le benzodiazepine e la buona risposta dell’ansia anticipatoria, ma non dell’attacco di panico.

Sintomatologia

Le manifestazioni dell’ansia sono simili a quelle della paura: tensione motoria, iperattività neurovegetativa (aumento della sudorazione, aumento della peristalsi gastrointestinale, tachicardia ecc.), attesa apprensiva, ipervigilanza e allarme. Non è superfluo precisare però che la paura è un’emozione che ci segnala una situazione di pericolo reale e attuale per la nostra integrità e sopravvivenza, e che essa si protrae e promuove un’adeguata azione di difesa finché dura tale situazione. Secondo se l’ansia viene focalizzata o meno su un oggetto o situazione, si distingue in ansia “libera” o “fluttuante” e ansia “focalizzata” o “fobia”.
Nel citato DSM, i criteri per diagnosticare l’attacco di panico nel periodo di paura o disagio intensi che lo caratterizzano sono costituiti dall’insorgenza improvvisa di quattro o più dei sintomi, riportati in Tabella 1.
Tali sintomatologie presentano uno sviluppo del loro picco nel giro di dieci minuti.
Per quanto riguarda l’ora di insorgenza, la maggior parte degli attacchi di panico si manifesta durante le attività diurne. Anche se circa il 50% dei pazienti presenta attacchi di panico notturni, solo il 10,2 di tutti gli eventi accade di notte. Sappiamo che la maggior parte degli attacchi di panico non si manifesta durante la fase Rem del sonno, ma durante la fase II del sonno.

 

 


 

Tabella 1. Sintomatologia degli attacchi di panico

1. Tachicardia
2. Palpitazione, cardiopalmo
3. Sudorazione
4. Tremori fini o a grandi scosse
5. Dispnea o sensazioni di soffocamento
6. Sensazione di asfissia
7. Dolore, fastidio o oppressione toracica
8. Nausea o disturbi addominali
9. Sensazione di svenimento o di sbandamento e di instabilità
10. Sensazione di testa leggera
11. Depersonalizzazione autopsichica (sensazione di essere estranei a se stessi) o derealizzazione (sensazione di irrealtà)
12. Paura di perdere il controllo o di impazzire
13. Paura di morire
14. Parestesie (sensazioni di torpore o di formicolio)
15. Brividi o vampate di calore


 

 

Classificazione

Nella Tabella 2 viene riportata la classificazione dei diversi attacchi di panico.


Tabella 2. Classificazione degli attacchi di panico

1. Paucisintomatici
2. Inaspettati o non provocati
3. Causati dalla situazione o provocati
4. Sensibili alla situazione

1) Gli attacchi paucisintomatici sono attacchi che soddisfano gli altri criteri (insorgenza parossistica, con raggiungimento dell’acme nel giro di 10 minuti), ma sono caratterizzati da meno di quattro sintomi somatici o cognitivi.
2) Gli attacchi di panico inaspettati sono quelli che insorgono a ciel sereno, il cui esordio non viene associato dal soggetto a un fattore scatenante situazionale interno o esterno.
3) Gli attacchi di panico provocati sono quelli che insorgono subito durante l’esposizione a, o nell’attesa di uno stimolo o fattore scatenante situazionale (per es. un soggetto con fobia sociale che ha un attacco di panico che insorge al pensiero di parlare in pubblico).
4) Gli attacchi di panico sensibili alla situazione sono quelli legati a una situazione, ma che non insorgono al pensiero o all’inizio della situazione (es. un soggetto che ha attacchi correlati alla guida dell’auto non sviluppa l’attacco pensando alla guida o subito dopo l’inizio della guida, ma mezz’ora dopo).


Qui di seguito riportiamo i criteri per diagnosticare l’agorofobia.
a) Ansia relativa al trovarsi in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile (o imbarazzante) allontanarsi o nei quali potrebbe non essere disponibile aiuto nel caso di un attacco di panico o di sintomi tipo panico o situazioni come essere fuori di casa da soli, essere in mezzo alla folla, essere su un ponte, viaggiare in autobus, treno o automobile.
b) Le situazioni vengono evitate oppure sopportate con molto disagio e con l’ansia di avere un attacco di panico o viene richiesta la presenza di un compagno.
c) L’ansia o l’evitamento fobico non sono meglio attribuibili a un disturbo mentale di altro tipo, come la fobia sociale o il disturbo d’ansia di separazione.

Forme cliniche e fattori di rischio

Occorre a questo punto descrivere il disturbo di panico, le sue forme cliniche, i suoi fattori di rischio, i criteri per la sua diagnosi e il trattamento.

 


Tabella 3. Disturbo di panico

Senza agorafobia
I criteri diagnostici per il disturbo di panico senza agorafobia sono i seguenti:
A. Attacchi di panico inaspettati ricorrenti. 
Almeno uno degli attacchi è stato seguito da un mese e più da uno o più dei seguenti sintomi:
a. preoccupazione persistente di avere altri attacchi;
b. preoccupazioni circa le implicazioni dell’attacco o conseguenze (per es. avere un attacco cardiaco, perdere il controllo o “impazzire”);
c. significativa alterazione del comportamento correlata agli attacchi.
B. Assenza di agorafobia.
C. Gli attacchi di panico non sono dovuti agli effetti diretti di una sostanza (per es. una droga da abuso, un farmaco) o di una condizione medica generale (per es. ipertiroidismo).
D. Gli attacchi di panico non sono meglio attribuibili a un altro disturbo mentale come la fobia sociale, una fobia specifica, al disturbo post‑traumatico da stress o al disturbo d’ansia di separazione.

 

 

Con agorafobia
Qui di seguito, ecco i criteri per diagnosticare il disturbo di panico con agorafobia.
A. Attacchi di panico inaspettati ricorrenti (con frequenza variabile da pochi attacchi all’anno a più di uno alla settimana). 
Almeno uno degli attacchi è stato seguito da un mese e più di uno o più dei seguenti sintomi:
a. preoccupazione persistente di avere altri attacchi;
b. preoccupazioni circa le implicazioni dell’attacco o conseguenze (per es. avere un attacco cardiaco, perdere il controllo o“impazzire”);
c. significativa alterazione del comportamento correlata agli attacchi.
B. Presenza di agorafobia.
C. Gli attacchi di panico non sono dovuti agli effetti diretti di una sostanza (per es. una droga da abuso, un farmaco) o di una condizione medica generale (per es. ipertiroidismo).
D. Gli attacchi di panico non sono meglio attribuibili a un altro disturbo mentale come la fobia sociale, una fobia specifica, al disturbo post‑traumatico da stress o al disturbo d’ansia di separazione.


Diagnosi differenziale

La diagnosi differenziale del disturbo di panico deve prendere in considerazione:
1) l’agorafobia senza anamnesi di disturbo di panico, caratterizzata da agorafobia correlata alla paura della comparsa di sintomi tipo panico (come vertigini o diarrea), senza anamnesi di attacchi di panico completi;
2) il disturbo d’ansia dovuto a una condizione medica: ipertiroidismo, feocromocitoma, cardiopatie;
3) il disturbo d’ansia indotto da sostanze, droghe o farmaci;
4) la fobia specifica in cui si hanno crisi di ansia clinicamente significativa provocata dall’esposizione a un oggetto o una situazione temuti che spesso determina condotte di evitamento (per es. trovarsi in un luogo chiuso per un claustrofobico);
5) la fobia sociale in cui si ha l’insorgenza di crisi di ansia clinicamente significativa, provocata dall’esposizione a certi tipi di situazioni o prestazioni sociali, che spesso determinano condotte di evitamento;
6) il disturbo ossessivo compulsivo, che causa ansia o disagio marcati e/o compulsioni (che servono a neutralizzare l’ansia) come ad esempio la paura ossessiva di essere contaminato dall’ambiente in cui ci si viene a trovare o da una parte di esso con cui si viene a contatto;
7) il disturbo post‑traumatico da stress, caratterizzato dal rivivere un evento estremamente traumatico accompagnato da sintomi di aumento dell’arousal e da evitamento di stimoli associati al trauma;
8) il disturbo acuto da stress, caratterizzato da sintomi simili a quelli del disturbo post‑traumatico da stress che si verificano immediatamente a seguito di un evento estremamente traumatico;
9) il disturbo d’ansia generalizzata, caratterizzato da almeno sei mesi di ansia e preoccupazioni persistenti ed eccessive;
10) il disturbo da ansia di separazione, insorgenza di ansia marcata in risposta all’essere fuori casa e lontano dai parenti stretti.

In materia di diagnosi del disturbo da attacchi di panico, pur sottolineando che essa è essenzialmente clinica, riteniamo utile segnalare che alcuni individui affetti dal disturbo mostrano segni di alcalosi respiratoria compensata. Gli stessi individui, in risposta all’infusione di lattato di sodio e all’inalazione di anidride carbonica sviluppano attacchi di panico, molto più facilmente che gli individui che sono esenti dal disturbo.
Per quanto riguarda il decorso, il disturbo di panico è usualmente cronico. L’età di insorgenza del disturbo si colloca più tipicamente tra la tarda adolescenza e i 35 anni. I pazienti colpiti in questa età, anche se non trattati, presentano una riduzione degli attacchi con il passare degli anni. Il disturbo non risparmia neppure la senescenza; in questa età, nella maggior parte dei casi, gli attacchi sono correlati a depressione o ad altre patologie quali l’ipertensione ortostatica, l’ipoglicemia, la sleep apnea e la cefalea. Negli anziani un fattore di rischio dell’insorgenza dell’attacco di panico è il ricovero ospedaliero o l’attesa di un intervento chirurgico.

Terapia e prevenzione

Il trattamento terapeutico comprende terapie farmacologiche e psicoterapie.
La farmacoterapia si basa sull’uso di benzodiazepine, timo equilibratori di tipo anticomiziale e di antidepressivi, sia triciclici sia di nuova generazione. In ordine alla farmacoterapia è bene che medici di medicina generale, cardiologi, specialisti in medicina d’urgenza, e altri specialisti, se non provvisti di esperienza specifica, si avvalgano della consulenza dei colleghi psichiatri e neurologi. Si tratta infatti di definire in modo puntuale la scelta dei farmaci, la loro posologia, la durata della loro somministrazione e le modalità della loro sospensione. Poiché spesso, i medici inesperti trattano, erroneamente, il disturbo di panico solo con benzodiazepine, è bene sottolineare che la terapia di tale disturbo richiede anche l’uso di antidepressivi, così come deve avvenire per i disturbi depressivi.
La prevenzione primaria del disturbo si basa sulla disponibilità del medico di medicina generale e del pediatra di base a essere veramente medici di famiglia, impegnandosi, nella pratica clinica, a individuare nelle famiglie gli eventuali fattori di rischio per lo sviluppo di patologie mentali e di consapevolizzare i loro assistiti sulla necessità di chiamare in causa i servizi sanitari competenti per rimuovere tali fattori.
Ovviamente, la prevenzione secondaria e terziaria si basa sulla diagnosi precoce e sull’instaurazione di una tempestiva ed efficace terapia farmacologica e psicologica oltre che sulla messa in opera di tutte le misure atte a prevenire la recidiva dei sintomi, con la collaborazione, ove occorra, dello psichiatra o del neurologo.

Giuseppe Lçuciano
già Primario nei Servizi di Salute Mentale

 


 

Bibliografia

American Psychiatric Association. DSM IV TR, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Text revision, Milano: Masson, 2004.
Cassano GB, Pancheri P. Trattato italiano di psichiatria. Milano: Masson, 2003. Kandel ER, et al. Principi di neuroscienze, Casa editrice ambrosiana, Milano 1994.
Luciano G. Manuale di neuropatologia e psichiatria. CLU, Torino, 1997. ACSA1.


 

 

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