Aspirina e prevenzione primaria delle malattie cardiovascolari

Mentre l’uso dell’aspirina nella profilassi secondaria delle malattie cardiovascolari su base aterotrombotica è ben codificato, permangono moltissime incertezze in prevenzione primaria. Queste dipendono da un dubbio rapporto rischio-beneficio, in considerazione del basso rischio aterotrombotico delle popolazioni da trattare a fronte di un rischio non trascurabile di sanguinamenti.

L’estensione dell’impiego dell’aspirina (acido acetilsalicilico) dalla prevenzione secondaria della malattia vascolare aterosclerotica alla prevenzione primaria si basa in linea di principio sui dati clinici favorevoli ottenuti in prevenzione secondaria – riassunti in due importanti metanalisi dell’Antithrombotic (in origine Antiplatelet) Trialists’ Collaboration – che hanno ben definito l’efficacia del farmaco in questo contesto.

Tuttavia, nella prevenzione primaria il rapporto tra rischi e benefici differisce in modo sostanziale da quello della prevenzione secondaria.

Tenendo conto di ciò, le autorità sanitarie internazionali e italiane sono apparse giustamente riluttanti ad accettare un uso “a tappeto” dell’aspirina in prevenzione primaria.

Scopo di questo articolo è analizzare criticamente le considerazioni alla base di queste perplessità, e al tempo stesso dare conto di recenti prese di posizione delle autorità sanitarie di altri paesi e di linee guida internazionali, con l’intento di delineare alcune indicazioni pratiche per l’uso dell’aspirina in questo ambito e limitare errati comportamenti prescrittivi.

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Raffaele De Caterina
Istituto di Cardiologia
Università degli Studi G. d’Annunzio, Chieti

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