Dislipidemia e Rischio Cardiovascolare in età pediatrica

Prof. Francesco Martino, Dott.ssa Eliana Martino
Dipartimento Materno Infantile e Urologico
Policlinico Umberto I
“Sapienza” Università di Roma

Introduzione

Negli ultimi decenni il trattamento delle malattie cardiovascolari (MCV) di origine aterosclerotica (infarto acuto del miocardio, angina pectoris, ictus ischemico ed emorragico) ha fatto notevoli passi avanti. Tuttavia queste malattie rimangono ancora la principale causa di morbilità, invalidità e mortalità nelle società occidentali. In Europa provocano circa 1.8 milioni di decessi / anno e si spendono circa 210 miliardi di euro per malattie ed eventi cardiovascolari. In Italia incidono per circa il 44% di tutti i decessi. L’esito costantemente incerto della lotta alle malattie cardiovascolari è dovuto principalmente ai molteplici fattori di rischio coinvolti, che trovano il primum movens in età pediatrica. È importante sottolineare che la normalizzazione dei fattori di rischio durante l’infanzia può diminuire o addirittura eliminare il rischio cardiovascolare in età adulta.

 

Aterosclerosi

Nonostante l’aterosclerosi clinicamente si manifesti in età adulta, è ben riconosciuto che essa ha una lunga fase asintomatica di sviluppo, che inizia nei primissimi anni di vita, persino in utero. Strie lipidiche, infatti, contenenti caratteristici accumuli di lipidi, prodotti della perossidazione lipidica e monociti/macrofagi, sono osservabili nell’aorta di feti umani prematuri. Un ispessimento intimale è stato, inoltre, dimostrato nelle arterie coronariche fetali (1).

L’ipercolesterolemia materna durante la gravidanza può influenzare la progressione delle lesioni aterosclerotiche in età pediatrica. In bambini e giovani adulti le strie lipidiche possono evolvere e dare origine a lesioni aterosclerotiche più avanzate (2,3).

La progressione della patologia aterosclerotica può essere influenzata dai

Classici fattori di rischio che promuovono l’infiammazione e la rottura delle placche (4).

Dislipidemie

Numerosi studi epidemiologici longitudinali, condotti negli ultimi cinquant’anni, hanno consentito di individuare importanti fattori di rischio per MCV. Fattori genetici e ambientali possono interagire tra loro, creando le condizioni per lo sviluppo del rischio cardiovascolare (5,6).

È importante sottolineare che la normalizzazione dei fattori di rischio durante l’infanzia può diminuire o addirittura eliminare il rischio cardiovascolare in età adulta.  Inoltre si è visto come livelli ematici elevati di LDL colesterolo e di trigliceridi in età pediatrica siano in grado di predire il rischio di eventi cardiovascolari in età adulta.

Tra i fattori di rischio la dislipidemia (soprattutto il colesterolo LDL) sembra essere il maggior responsabile dell’estensione e della gravità dell’aterosclerosi nei bambini e negli adolescenti. E’ stato osservato, infatti, che l’attivazione endoteliale è già presente in bambini con ipercolesterolemia.

Numerosi studi, tra cui il Muscatine Study (7) ed il Bogalusa Heart Study (8), hanno dimostrato che esiste un tracking della colesterolemia dall’età pediatrica a quella dell’adulto.

I fattori di Rischio Lipidici di aterosclerosi sono:

  • Ipercolesterolemia
  • Ipertrigliceridemia
  • Riduzione delle HDL
  • Elevate concentrazioni di apoB
  • LDL piccole e dense
  • Lipoproteina (a)

Le ipercolesterolemie sono dislipidemie caratterizzate da un aumento di colesterolo totale (CT) o di lipoproteine a bassa densità (LDL-C) e possono essere classificate in forme primitive e secondarie. Le prime sono riconducibili a cause genetiche, le seconde sono correlabili ad altre patologie (insufficienza renale cronica, sindrome nefrosica, disordini endocrinologici, immunologici o ematologici, colestasi), a farmaci o ad abitudini alimentari errate, associate, spesso, ad obesità.

In età pediatrica le principali dislipidemie genetiche sono:

  • l’ipercolesterolemia familiare,
  • l’ipercolesterolemia familiare combinata,
  • l’ipertrigliceridemia familiare severa.

L’ ipercolesterolemia familiare (FH) rappresenta una delle forme primitive più comuni. È una patologia monogenica, di cui si conoscono tre forme ad ereditarietà dominante e una recessiva, con la stessa presentazione clinica e biochimica. Nella forma classica è causata da oltre 1700 mutazioni nel gene, localizzato sul cromosoma 19p13.2, che codifica per il 79% per il recettore delle LDL (LDL-R) (), per il 5% circa per l’apolipoproteina B (APOB) e per meno dell’1% per PCSK9 (Proprotein Convertase Subtilisin/Kexin-type 9). Il 5–30% dei casi di FH fenotipica può derivare da mutazioni in geni non identificati (9-11).

Generalmente si ritiene che la forma omozigote (HoFH) abbia una prevalenza di 1/1.000.000. In Italia varia a seconda delle Regioni (Nord Italia 1/2.814.000, Centro Italia 1/2.500.000, Sud Italia 1/580.000, Isole 1/551.000). La forma eterozigote (HeFH) ha una incidenza di 1/500. Dati recenti, tuttavia, suggeriscono fortemente che nella maggior parte dei paesi la FH è notevolmente sotto-diagnosticata. Uno screening condotto in una popolazione generale del Nord Europa ha dimostrato, infatti, che la prevalenza della HeFH è circa 1/200, più del doppio della stima attuale (12,13).

Di conseguenza, la HoFH può interessare fino a 1 a 160.000-300.000 persone. Si calcola che in Italia vi siano almeno 121.000 Vs 240.000 portatori di HeFH, ma solo per l’1% di questi c’è una diagnosi corretta. La HoFH si caratterizza per elevati livelli di CT e LDL-C (4-8 volte superiore alla norma), per presenza di xantomi sin dai primi anni di vita e per il rischio elevato di malattia cardiovascolare già nella prima infanzia. La HeFH si caratterizza per livelli molto più bassi di CT e LDL-C rispetto alla HoFH, minore evidenza di xantomi e prognosi migliore. In pazienti con grave HeFH, nei quali il colesterolo LDL è a livelli superiori a 8 mmol/L (309 mg/dl), la prevalenza è approssimativamente di 1/3.000 con un rischio cardiovascolare significativamente aumentato rispetto a quelli con HeFH non severa.

In tutto il mondo, la maggior parte dei bambini con FH rimangono non diagnosticati. Prove recenti suggeriscono che la frequenza di FH è almeno 1 su 250 e questo costituisce un problema di salute pubblica (14).

Tra le forme primitive, vanno ricordate l’Iperlipidemia Familiare Combinata (FCHL) e l’Iper-ApoB che sono caratterizzate da una iperproduzione di very low density lipoprotein (VLDL) e di LDL e da ipercolesterolemia (15,16).

Nella FCHL si ha un aumento della colesterolemia e/o della trigliceridemia (TG) in più componenti della stessa famiglia. Il difetto metabolico di base è costituito da una aumentata sintesi di VLDL-apoB, dovuta probabilmente a ridotta attività della lipoproteinlipasi (LPL) plasmatica, ad alterazioni nell’incorporazione degli acidi grassi nei trigliceridi, e/o al catabolismo post-prandiale delle VLDL. Il meccanismo di trasmissione ereditaria è compatibile con quello delle malattie monogeniche autosomiche dominanti, tuttavia non possono essere escluse altre modalità. E’ probabile che siano coinvolti più geni.

La FCHL è almeno 3 volte più frequente della FH.

L’ Ipertrigliceridemia (HTG) è una malattia metabolica, in cui la concentrazione nel plasma di VLDL e dei chilomicroni (CMS) è elevata. Può essere causata da fattori ambientali o alterati stili di vita. L’ipertrigliceridemia familiare è un’anomalia trasmessa come tratto autosomico dominante, caratterizzata da un aumento delle VLDL plasmatiche per deficit funzionale della LPL. Obesità, ridotta tolleranza al glucosio, iperinsulinemia, ipertensione ed iperuricemia sono frequentemente associati all’ HTG familiare da un’unica alterazione metabolica. L’ HTG severa è una malattia autosomica recessiva rara (prevalenza 1:1 milione) secondaria a omozigosi per una mutazione che comporta deficit quantitativo grave di LPL.

Il rapido incremento dell’obesità in età pediatrica è uno dei più importanti problemi di salute pubblica negli ultimi decenni. L’adiposità è strettamente correlata ad aumento dei trigliceridi e diminuzione di HDL colesterolo “dislipidemia aterogena”, spesso associata a sindrome metabolica e aumentato rischio di aterosclerosi. Questo è vero sia in età pediatrica che nell’adulto. E’ importante quindi effettuare uno screening lipidico anche nei bambini obesi. Recentemente in uno studio di coorte di 372 bambini è risultato che  i portatori di dislipidemia aterogena con anomalie metaboliche e antropometriche altamente significative rispetto ai controlli erano 62 (15,3%), di cui 26 (42%) erano affetti da sindrome metabolica; anche i genitori e i fratelli e sorelle dei bambini con dislipidemia aterogena presentavano le stesse anomalie e la sindrome metabolica era presente nel 7,2% dei genitori e nel 11,6% dei fratelli e delle sorelle; esiste quindi una significativa componente genetica nella dislipidemia aterogena (17).

Altro fattore di rischio lipidico sono le Apo B, importante componente

Di molte lipoproteine ​​che sono coinvolte nell’aterosclerosi e nelle

Malattie cardiovascolari. I valori (mg/dl) sono <90 accettabile, 90-109 borderline, >110 alto.

È importante però determinare il rapporto ApoB/ApoA1 come indice di rischio cardiovascolare; maggiore è il rapporto, maggiore è il rischio. I valori desiderabili di tale rapporto sono compresi tra 0,3 e 0,9.  Valori superiori a 0,9 per gli uomini e a 0,8 per le donne sono spia di un elevato rischio cardiovascolare

Nei bambini con diagnosi di FH si dovrebbe misurare la concentrazione della lipoproteina(a) Lp(a) per una più accurata stratificazione del rischio cardiovascolare. Lp(a) è simile al colesterolo LDL, ma con una elevatissima adesività e un potenziale infiammatorio e trombotico sulla parete vasale. La Lp (a) è un fattore di rischio cardiovascolare, che è indipendente da colesterolo totale, LDL-C, apolipoproteina B, ipertensione, diabete, obesità e fumo. Il suo peso prognostico è rilevante quando è elevato, e non è modulato dalla dieta o dall’esercizio fisico, dal momento che sembra essere in gran parte determinato geneticamente.

Attualmente, non è misurato di routine nei pazienti con MCV e non sono eseguiti studi genetici (18).

Stress ossidativo

Fino a qualche tempo fa, la comprensione delle alterazioni in età pediatrica delle malattie cardiovascolari era limitata principalmente a studi autoptici e reperti patologici in adolescenti e giovani adulti morti per cause accidentali. Recenti progressi nello sviluppo di tecniche non invasive hanno reso possibile

rilevare precoci cambiamenti (anatomici, fisiologici, meccanici, proinfiammatori e protrombotici) della parete vasale, che riflettono una situazione sub-clinica di aterosclerosi (19)

I primi cambiamenti della parete arteriosa (ispessimento medio-intimale, IMT), possono essere osservati con una tecnica di ultrasuoni ad alta risoluzione. Gli IMT, che precedono di decenni gli eventi clinici cardiovascolari, sono considerati un marker di aterosclerosi sistemica. Le arterie più comunemente

Esaminate negli adulti sono le carotidi interna e comune in vicinanza del bulbo carotideo e il bulbo carotideo stesso. La dilatazione flussomediata dell’arteria brachiale (flow mediated dilation – FMD) costituisce la tecnica di scelta per lo studio della funzione endoteliale e rappresenta il “gold standard” per la ricerca sulla funzionalita dell’endotelio in fisiopatologia cardiovascolare (20).

Essa misura le variazioni di diametro dell’arteria brachiale in risposta all’aumento dello shear stress prodotto da una breve ischemia meccanica.

E’ stata dimostrata, inoltre, una significativa riduzione della FMD, associata a un aumentato stress ossidativo in bambini con fattori di rischio per MCV (21).

E stato osservato, recentemente, con una nuova tecnica ecocardiografica tridimensionale, utilizzata per la prima volta in età pediatrica, che i bambini e gli adolescenti dislipidemici e/o obesi presentano precoci deformazioni della contrattilità miocardica nelle varie aree della superficie ventricolare:

  • alterazione dello strain con diminuzione a livello del ventricolo sinistro (VS) nei dislipidemici (rispetto ai controlli),
  • ulteriore diminuzione a livello del VS e anche alterazione a livello del ventricolo destro (VD) nei soggetti con contemporanea presenza di dislipidemia e obesità (22).

Lo stress ossidativo, che si ha nell’eziopatogenesi dell’aterosclerosi, può portare a disfunzione endoteliale con attivazione cellulare sia piastrinica che monocitica e rilascio di sostanze pro-aterogene, pro-infiammatorie, vasocostrittrici e pro-ossidanti (23-25).

Inoltre, in bambini con coesistenti fattori di rischio (ipercolesterolemia e obesità) è stato osservato un aumento di Nox2 e stress ossidativo, responsabili

delle manifestazioni iniziali della malattia aterosclerotica (26).

Esiste quindi una stretta relazione tra vasodilatazione e stress ossidativo (27).

Prevenzione cardiovascolare

È auspicabile l’identificazione e il trattamento precoce dei bambini con dislipidemia e altri fattori di rischio per aterosclerosi. Infatti la normalizzazione della funzione endoteliale, nella fase reversibile dell’aterosclerosi, può rivestire un’importanza fondamentale nella prevenzione delle MCV.

Purtroppo l’ipercolesterolemia in età pediatrica è sotto-stimata e sotto-diagnosticata. Un’indagine conoscitiva da noi condotta in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità di Roma nelle scuole di tre Regioni d’Italia (Lazio, Basilicata e Calabria) e di un distretto scolastico di Roma, che ha interessato circa 43.500 alunni, ha messo in evidenza come solo nel 4,5% si ha conoscenza del valore della colesterolemia (dati non pubblicati). È necessario identificare i bambini a rischio per aterosclerosi. Interventi effettuati nella prima decade di vita, quando le lesioni sono asintomatiche, innocue ma ancora reversibili, possono evitare la progressione dell’aterosclerosi.

Gli screening rappresentano un mezzo valido per individuare i bambini a rischio. Infatti uno screening condotto su 1657 alunni delle scuole di 14 Comuni della Comunità Montana delle Serre Calabre (Provincia di Vibo Valentia), ha dimostrato che il 30% circa presentava valori di colesterolemia > di 170 mg/dl. Lo studio ha consentito anche di rilevare i percentili sia del profilo lipoproteico che della pressione arteriosa, del BMI e della circonferenza vita. È stato possibile così diagnosticare la sindrome metabolica in 70 soggetti (4,2%) (28-30).

Allo stato attuale le evidenze scientifiche indicano che la prevenzione primaria dell’aterosclerosi, ancorata ai classici fattori di rischio cardiovascolari, deve essere attuata più precocemente possibile. È necessario iniziare dalla vita fetale con adeguata introduzione calorica e di micro e macronutrienti da parte della madre, evitando il fumo, l’uso di farmaci, di alcool e di droghe, che possono avere ripercussioni negative sul feto che si sta formando.

Dopo la nascita è necessario:

  • promuovere l’allattamento al seno per le sue prerogative nutrizionali e psico-affettive;
  • svezzare intorno al 5°-6° mese d’età, come suggerito anche dall’OMS;
  • evitare un’eccessiva introduzione di proteine dal primo anno di vita anche al fine di prevenire il fenomeno dell’adiposity-rebound che fisiologicamente deve avvenire intorno al 6°-7° anno di età;
  • pianificare interventi e programmi educativi per la prevenzione cardiovascolare durante la pubertà e l’adolescenza.

Lo stile mediterraneo potrebbe rappresentare un ottimo elisir. La dieta mediterranea, patrimonio dell’umanità dal novembre 2010, è il prototipo alimentare idoneo alla prevenzione e può avere anche un impatto positivo sull’ambiente. In Italia solo un bambino su due, in età prescolare, segue la dieta mediterranea; la percentuale addirittura decresce nelle età successive.  La dieta mediterranea ha effetti positivi sul diabete tipo 2 e sulla sindrome metabolica, che è più frequente nei bambini che hanno scarsa aderenza alla dieta mediterranea e all’attività fisica (31)

Trattamento

I bambini affetti da ipercolesterolemia o, più in generale, da dislipidemia devono essere sottoposti ad adeguato trattamento per ottenere un profilo lipoproteico accettabile. La dietoterapia, associata ad una adeguata attività fisica, costituisce il primo approccio e deve essere programmato presso un Centro con esperienze di nutrizione clinica.

Numerosi programmi di educazione alimentare hanno dimostrato che con semplici modifiche delle abitudini alimentari è possibile ridurre significativamente i valori della colesterolemia nei bambini.

Tale trattamento deve essere esteso a tutta la famiglia per ottenere un migliore risultato e soprattutto per evitare risvolti psicologici negativi per il bambino.

Per i bambini >2 anni le calorie giornaliere devono essere distribuite in 5 pasti:

  • grassi totali 30% (grassi saturi a meno del 10%, polinsaturi 7-10%, monoinsaturi 10-15%);
  • colesterolo introdotto con l’alimentazione al di sotto dei 300 mg/die;
  • proteine ~15-20%
  • carbodrati ~50-55%.

La dieta può anche essere supplementata con fibre come il glucomannano ad alta viscosità. Esso ha mostrato una capacità ipolipidemizzante da 3 a 5 volte maggiore di quella di psyllium, di guar e di prodotti d’avena. Nel Diabete Mellito migliora il controllo glicemico, quello lipidico e la pressione sistolica. E’ stato ipotizzato che il gel formato dal glucomannano aumenti la viscosità della massa del cibo ingerito, interferendo sul suo assorbimento a livello dell’intestino tenue, diminuendo così il glucosio post-prandiale e la secrezione di insulina, contribuendo a migliorare, nel lungo termine, l’insulino resistenza. È stato dimostrato, inoltre, che il glucomannano può inibire l’assorbimento del colesterolo nel tratto digiunale e l’assorbimento degli acidi biliari nell’ileo, migliorando i livelli plasmatici di CT, LDL-C e ApoB, anche in soggetti ipercolesterolemici in età pediatrica (32,33).

Sulla base delle evidenze scientifiche l’European Food Safety Authority (EFSA) ha dichiarato il glucomannano efficace nel modulare la colesterolemia. Recentemente è stato dimostrato che esplica anche una importante azione a livello ormonale tramite l’aumento di ormoni della sazietà (CCK, PEPTIDE YY, GLP1 e leptina) e la diminuzione degli ormoni agenti sul senso della fame (grelina, GIP): con tali azioni riesce a combattere sia la “satiety” che la “satiation”.

Un composto naturale in grado di ridurre i livelli del colesterolo è l’estratto di lievito di riso rosso (Monascus purpureus), che contiene la monacolina K, un inibitore della HMG-CoA reduttasi. La monacolina K o lovastatina è una statina naturale prodotta dalla fermentazione del riso rosso. Si tratta pertanto di una sostanza che, per le basse dosi di statina presenti nelle formulazioni del commercio, viene resa disponibile quale integratore. Il suo impiego richiede, tuttavia, cautela soprattutto in età pediatrica ed impone controlli clinici e biochimici analoghi a quelli abitualmente effettuati in corso di somministrazione di farmaci. Comunque, una metanalisi che ha coinvolto 9625 pazienti ed esaminato 93 trials randomizzati ha dimostrato una riduzione oltreché del CT ed LDL-C anche dei TG con aumento di HDL-C.  Uno studio condotto in età pediatrica con estratto di lievito di riso rosso, associato a policosanoli, ha dimostrato l’efficacia e la tollerabilità del suo utilizzo in bambini affetti da ipercolesterolemia primitiva (34).

Recentemente è stata formulata una combinazione di nutraceutici composta di fitosteroli, monacolina k e idrossitirosolo con una triplice azione:

  • i fitosteroli (steroli vegetali), con una struttura simile al colesterolo, si sostituiscono ad esso nel meccanismo di assorbimento;
  • la monacolina k, inibendo l’azione dell’enzima HMG-CoA reduttasi, impedisce la sintesi del colesterolo;
  • l’idrossitirosolo, polifenolo tipico dell’olio di oliva extra-vergine, impedendo  l’ossidazione del colesterolo LDL, ostacola la formazione della placca aterosclerotica nella parete delle arterie.

La terapia farmacologica deve essere presa in considerazione solo nel caso in cui, dopo un periodo adeguato di trattamento dietetico, di modifiche degli stili di vita e di terapia nutraceutica, i valori della colesterolemia e del colesterolo LDL rimangano elevati. Non è ancora ben stabilito l’età d’inizio della terapia farmacologica con statine, tuttavia dovrebbe essere intorno agli 8-10 anni e nelle bambine dopo il menarca.

In letteratura cominciano a comparire segnalazioni di follow-up di ~ 10 anni che dimostrano la tollerabilità e l’efficacia delle statine in età pediatrica con scarsi effetti collaterali (35).

Attualmente sono stati testati in trials clinici randomizzati nuovi trattamenti per diminuire il colesterolo LDL:

  • la lomitapide (inibisce la proteina di trasporto dei trigliceridi),
  • gli inibitori della proproteina PCSK9,
  • gli inibitori della sintesi di apolipoproteina B.

L’epigenetica rappresenta una nuova sfida dal momento che è possibile prevedere più precocemente il rischio cardiovascolare e sviluppare quindi terapie epigenetiche innovative che potrebbero essere intimamente connesse con gli stili di vita, potenziando o controbilanciando i loro effetti. ImiR-33a e miR-33b, che aumentano significativamente in bambini ipercolesterolemici, potrebbero essere impiegati in età pediatrica come nuovi marcatori prognostici e /o come efficaci bersagli terapeutici per le MCV (36,37).

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