Okkio alla salute: l’obesità infantile

Michelle Obama, la First Lady degli Stati Uniti d’America, si è fatta promotrice di una campagna nazionale per risolvere il problema dell’obesità infantile nell’arco di una generazione, campagna cui è stato dato il nome di “Lets’ Move”.

La rivista Newsweek ha ospitato un suo articolo nel quale, a partire dalla constatazione che negli USA un terzo dei bambini è in sovrappeso o obeso, propone tutta una serie di interventi coinvolgenti le famiglie, i sindaci, i governatori e il settore privato, diretti a modificare gli stili di vita responsabili di questa epidemia.

Le dimensioni del problema

Ricordiamo anzitutto che per sovrappeso intendiamo individui con indice di massa corporea (body mass index, BMI: peso in kg/ altezza in m2) compreso tra 25 e 29 e per obesità un BMI di 30 e oltre. Negli Stati Uniti i dati dell’OMS prevedono che nel 2015 il 51,7% degli uomini e il 54,3% delle donne saranno obesi; in Italia, nello stesso anno si prevede un’obesità del 16% negli uomini e del 14,9% nelle donne. Riguardo ai bambini dai 6 agli 11 anni in sovrappeso e obesi nelle regioni italiane, l’Istituto Superiore di Sanità fornisce i seguenti dati: totale bambini in sovrappeso 1.138.000 di cui obesi 382.000; nelle regioni del Nord è in sovrappeso o obeso tra il 25 e il 33% dei bambini, nelle regioni Centrali più la Puglia tali percentuali salgono al 33‑40% per raggiungere più del 40% nelle regioni meridionali. Unica regione con meno del 25% risulta essere la Sardegna. Nella Regione Piemonte, grazie alle indagini “Okkio alla salute” e HBSC (Health Behaviour in School‑aged Children), che coinvolgono periodicamente (ogni 2‑4 anni) migliaia di bambini e adolescenti della regione permettendo l’acquisizione di informazioni su condizioni di salute, abitudini e comportamenti mediante la misurazione diretta o la somministrazione di questionari, si è evidenziato che a 8 anni il 27% dei bambini è obeso o in sovrappeso. In particolare il 19,5% è in sovrappeso e il 7,7% è obeso.

Le cause

Le determinanti sociali e culturali di questa epidemia sono assai varie, è noto infatti come la condizione di salute sia fortemente influenzata da comportamenti e stili di vita dipendenti soprattutto da fattori ambientali e pratiche sociali piuttosto che da responsabilità individuali; molti comportamenti scorretti acquisiti sin dall’infanzia spesso permangono in età adulta, divenendo causa di malattie croniche. In estrema sintesi, le cause sono una scorretta alimentazione, che privilegia l’assunzione di zuccheri, grassi e sale rispetto a frutta fresca, verdure e cereali integrali e una riduzione dell’energia totale consumata (con aumento della sedentarietà).

Richiamando ancora l’indagine “Okkio alla salute” della Regione Piemonte, a conferma degli studi dimostranti l’associazione tra abitudine a non consumare la prima colazione e insorgenza di sovrappeso, è risultato che il 62% dei bambini assume una colazione qualitativamente adeguata, il 30% assume una colazione qualitativamente non adeguata e l’8% salta la colazione. Il consumo di frutta e verdura nella giornata garantisce un adeguato apporto di fibre e sali minerali e consente di limitare la quantità di calorie introdotte; tuttavia, solo il 2% dei bambini consuma cinque o più porzioni di frutta e verdura ogni giorno, il 31% ne consuma una sola porzione al giorno, mentre il 17% dei bambini mangia frutta e verdura meno di una volta al giorno o non ne mangia mai nell’intera settimana.

Si ritiene opportuno che i bambini pratichino attività fisica moderata o intensa ogni giorno per almeno un’ora: i dati raccolti evidenziano che un bambino su 4 risulta fisicamente inattivo, maggiormente le femmine rispetto ai maschi; meno di un bambino su 10 ha un livello di attività fisica raccomandato per la sua età, circa 3 bambini su 10 (33%) praticano un’ora di attività fisica per 2 giorni a settimana, l’8% non la pratica neanche un giorno e solo il 9% da 5 a 7 giorni. Pur costituendo un’opportunità di divertimento e talvolta di sviluppo, il momento della televisione si associa spesso all’assunzione di cibi fuori pasto.
È raccomandato un limite di esposizione complessivo a TV/videogiochi di non oltre 2 ore al giorno, mentre è sconsigliata la TV nella camera da letto dei bambini. In Piemonte quasi la metà dei bambini dispone di un televisore in camera propria, il 66% guarda la TV o usa videogiochi da 0 a 2 ore al giorno, mentre il 29% è esposto quotidianamente a TV/videogiochi per 3‑4 ore e il 6% per almeno 5 ore.
Per inciso, anche negli adulti passare troppo tempo davanti alla televisione è nocivo: un recente studio condotto in Australia (AusDiab di gennaio 2010) indica che la mortalità a 6 anni per tutte le cause e per cause cardiovascolari aumenta con l’aumentare del tempo passato davanti alla TV: ogni ora in più davanti al televisore comporta un aumento dell’11% di rischio di morte per tutte le cause e del 18% di mortalità per cause cardiovascolari, aumento di rischio indipendente dagli altri tradizionali fattori di rischio.

Le conseguenze

È ormai appurato che l’obesità infantile è fortemente associata con lo sviluppo dei maggiori fattori di rischio per aterosclerosi precoce. Che l’obesità sia importante come fattore di rischio indipendente per morbilità e mortalità è dimostrato sia negli adulti (Framingham Heart Study e ARIC) sia nei giovani (studi di coorte come il Muscatine Heart Study, il Bogalusa Heart Study e il CARDIA). Il National Heart, Lung, and Blood Institute (NHLBI) ha sponsorizzato vari studi come il NHLBI Growth and Health Study (NGHS) per esaminare i predittori dell’incremento ponderale di ragazze in età pre‑puberale e altri studi per esaminare le relazioni tra obesità e disturbi del sonno. Nei bambini e negli adolescenti il BMI è fortemente correlato con l’ipertensione arteriosa: nei pazienti pediatrici obesi la prevalenza di ipertensione arteriosa varia dal 47 al 62%; ricordiamo che l’ipertensione arteriosa è considerata il più importante fattore di rischio coronarico mondiale che “contribuisce” a metà delle coronaropatie e circa ai due terzi delle cerebrovasculopatie. Ancora, uno studio condotto su 508 adolescenti in sovrappeso, negli USA, ha mostrato una maggiore incidenza di morte per coronaropatie; due studi hanno accertato la relazione tra peso corporeo e mortalità in giovani europei: in 2299 bambini del Galles è stata rilevata un’associazione tra BMI e mortalità per tutte le cause, in un secondo studio europeo che ha coinvolto 504 bambini e adolescenti in sovrappeso seguiti negli ospedali di Stoccolma, l’incremento ponderale tra la pubertà e l’età adulta si associava con malattie cardiovascolari, diabete e morte per tutte le cause. Infine, un recente preoccupante studio eseguito su 4857 bambini americani indiani, pubblicato sul prestigioso The New England Journal of Medicine nel febbraio 2010, ha mostrato che l’obesità e l’intolleranza al glucosio erano associate con incidenza doppia di morte nell’età adulta rispetto ai controlli, tanto da far titolare l’editoriale: “Sono i bambini il futuro nella prevenzione del diabete di tipo 2?”.

I meccanismi

La ricerca più recente si è concentrata su due sistemi, l’endotelio e il grasso, rappresentati dalle cellule endoteliali e dagli adipociti, coinvolti nell’insorgenza di diabete e ipertensione arteriosa. In particolare, gli adipociti, vero laboratorio chimico, presenti specie nel grasso addominale, incrementano la produzione di interleuchina‑6, l’aumento della quale predice le malattie coronariche, inoltre favoriscono la sintesi di adiponectina con conseguente instabilità della placca aterosclerotica e perciò aumentato rischio di ictus cerebri ed embolie polmonari. Queste ricerche sollecitano interventi precoci e multisistemici: ad esempio il precondizionamento patologico si verifica già durante la gestazione (il feto esposto a fattori condizionanti può in futuro sviluppare alterazioni metaboliche), ovvia conseguenza è l’educazione delle puerpere a una sana alimentazione e a una preparazione atletica prevalentemente aerobica. Altre ipotesi sono state formulate nel caso di sviluppo di ipertensione arteriosa nei bambini obesi: anzitutto un’alterata funzione endoteliale con significativo aumento della “stiffness” arteriosa, in secondo luogo l’insulino-resistenza è stata ritenuta una delle cause nello sviluppo di ipertensione arteriosa, infine alterazioni dell’attività del sistema nervoso autonomo sono state registrate in bambini obesi ipertesi.

Gli interventi

Da quanto scritto, è evidente che il principale obiettivo nel trattamento dell’obesità infantile è di stabilizzare il peso corporeo nel corso della crescita, per ridurre il BMI, il grasso corporeo, e le comorbilità. I programmi terapeutici sono ovviamente multidisciplinari e includono componenti nutrizionali, di esercizio e comportamentali. Per questo nella Regione Piemonte sono stati attuati interventi diffusi su tutte le ristorazioni scolastiche riguardanti la formazione degli operatori, la valutazione e il controllo della qualità nutrizionale dei menu e della corretta porzionatura degli alimenti. Specifici programmi sono stati indirizzati a migliorare il consumo di frutta e verdura e a promuovere l’attività fisica. La famiglia è stata chiamata spesso non solo a condividere la scelta delle priorità su cui intervenire, ma a partecipare attivamente con i bambini alla progettazione e costruzione di strutture e attrezzature (orti scolastici, cortili attrezzati, palestre), creando ambienti favorevoli allo sviluppo di attività salutari. Nell’ambito dell’attività di informazione e comunicazione sono sistematici gli incontri informativi rivolti alla comunità scolastica e alla popolazione generale. Sono stati attivati sportelli informativi nei servizi delle ASL e nelle scuole dove viene svolta attività di counselling. Numerosi studi controllati dimostrano che questi interventi sono efficaci: il DELTA, il DASH, il POUNDS, il DISC, il GEMS (tutti questi sono trial di efficacia). Nell’ambito delle comunità, il NHLBI ha organizzato, già a partire dagli anni ’80, oltre otto studi. Per quanto concerne le attività diffuse, sempre lo stesso ente nel 2005 ha promosso “We Can!” (Way to Enhance Children’s Activity and Nutrition) coinvolgente in tutti i 50 Stati più di 1100 comunità. In ordine di tempo, concludiamo citando lo studio più recente, condotto in Svizzera, che dimostra per la prima volta che un programma di attività fisica regolare ha come effetto una significativa riduzione della pressione arteriosa già dopo tre mesi, in bambini obesi.

Massimo Fazzari
Direttore Struttura Complessa Cardiologia, Ospedale di Ciriè, Torino


Bibliografia

Dunstan DW, Barr EL, Healy GN, et al. Television viewing time and mortality: The Australian Diabetes, Obesity and Lifestyle Study (AusDiab). Circulation 2010;121:384‑391.
Farpour‑Lambert NF, Aggoun Y, Marchand LM. Physical activity reduces systemic blood pressure and improves early markers of atherosclerosis in pre‑pubertal obese children. J Am Coll Cardiol 2009;54:2396‑2406.
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OKKIO alla salute. Risultati dell’indagine 2008 nella Regione Piemonte. Dott.ssa Renata Magliola. Sito Regione Piemonte. http://www.regionepiemonte.it/sanità/pubblicazioni/okkio. htm
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