Fattori neurobiologici, psicogenetici e psicosociali dell’aggressività e della violenza (parte seconda)

Fattori neurobiologici, psicogenetici e psicosociali dell’aggressività e della violenza

Parte seconda

 

Disturbi mentali con comportamenti violenti dell’età evolutiva

Sono disturbi mentali che insorgono nell’età evolutiva e si manifestano con un quadro clinico in cui sono costanti o frequenti comportamenti violenti di vario tipo.
Con riferimento ai criteri diagnostici del DSM-5, la classe dei disturbi mentali che presentano le suddette caratteristiche comprende il gruppo dei disturbi da comportamento dirompente, i disturbi del controllo degli impulsi e i disturbi della condotta, caratterizzati da comportamenti che violano i diritti degli altri (quali aggressioni e distruzione della proprietà degli altri), e/o mettono l’individuo in contrasto significativo con norme sociali o figure che rappresentano l’autorità. Poiché tali comportamenti si possono manifestare durante il normale sviluppo, per poterli diagnosticare come sintomi di un disturbo è necessario valutarli in rapporto a ciò che è ritenuto “normale” per l’età, il genere e la cultura dell’individuo.

I fattori di rischio dei disturbi mentali con comportamenti violenti si distinguono in:

  1. temperamentali (quali ad esempio alti livelli di reattività emozionale e scarsa tolleranza alla frustrazione);
  2. fattori ambientali (pratiche educative rigide, incoerenti negligenti, condizioni di deprivazione fisica ed affettiva, associazione ad un gruppo di coetanei delinquenti e l’esposizione alla delinquenza);
  3. fattori genetici (eredofamiliarità per disturbi mentali, anomalie cromosomiche, disturbi mentali disturbi della condotta o criminalità dei genitori);
  4. fisiologici (anomalie della reattività del sistema limbico, della corteccia prefrontale, dell’equilibrio dei neurotrasmettitori e degli ormoni sessuali), frequenti cambi di caregiver.

Il gruppo dei disturbi da comportamento dirompente comprende il disturbo oppositivo provocatorio e disturbo esplosivo intermittente.

Il disturbo oppositivo provocatorio, i cui fattori di rischio sono temperamentali (alti livelli di reattività emozionale e scarsa tolleranza alla frustrazione), ambientali (pratiche educative rigide, incoerenti o negligenti, maltrattamenti), genetici e fisiologici (anomalie nella corteccia prefrontale e nell’amigdala), presenta le seguenti caratteristiche:

  1. dura da almeno sei mesi;
  2. si manifesta nell’interazione con almeno un individuo diverso da un fratello;
  3. è evidenziato da almeno quattro dei sintomi compresi nelle tre seguenti categorie: sintomi da umore collerico/irritabile, sintomi da comportamento polemico/provocatorio, da vendicatività.

L’età di insorgenza è solitamente l’età prescolare e, raramente, quella successiva alla prima adolescenza.

Il disturbo esplosivo intermittente, i cui fattori di rischio sono ambientali (quali traumi fisici ed emotivi nei primi due decenni di vita), genetici (studi sui gemelli hanno dimostrato che i comportamenti violenti impulsivi hanno una notevole base genetica), fisiologici (anomalie serotoninergiche a livello globale e, in particolare, nelle aree del sistema limbico e nella corteccia orbito frontale, reattività dell’amigdala agli stimoli che inducono rabbia più marcata negli individui con disturbo esplosivo intermittente rispetto a quelli sani, studiata durante le scansioni in risonanza magnetica funzionale), si manifesta non prima dell’età di sei anni, con le seguenti caratteristiche:

  1. ricorrente aggressione, in media due volte alla settimana, per un periodo di tre mesi, a livello verbale o a livello fisico, verso proprietà, tale da non comportare danneggiamenti, verso animali o altre persone, tale da non comportare lesioni;
  2. ricorrenti accessi di comportamento violento che si verificano almeno tre volte nell’arco di 12 mesi, tali da determinare danneggiamento o distruzione di proprietà o lesioni ad animali o altre persone;
  3. carattere impulsivo e correlazione alla rabbia dei comportamenti violenti, con valenza tale da non poter essere ricondotti al proposito di raggiungere qualche obbiettivo concreto , quale denaro, potere, intimidazione;
  4. sproporzione tra il livello del comportamento violento, verbale o fisico che sia, e l’eventuale provocazione o fattore psico-stressante precipitante;
  5. assenza di altri disturbi mentali che si manifestano con comportamenti violenti
  6. disagio marcato dell’individuo o compromissione del suo funzionamento lavorativo e sociale.

Il disturbo della condotta, i cui fattori di rischio sono temperamentali (temperamento infantile), ambientali (disturbi della condotta o criminalità dei genitori, frequenti cambi di caregiver associazione ad un gruppo di coetanei delinquenti e l’esposizione alla delinquenza), genetici (il rischio aumenta nei bambini con genitori affetti da disturbi mentali dello spetto della schizofrenia), fisiologici (alterazioni strutturali e funzionali nelle aree cerebrali associate alla regolazione ed elaborazione delle emozioni, in particolare nelle connessioni frontotemporali e limbiche che riguardano la corteccia prefrontale del cervello e l’amigdala), esordisce nell’infanzia o nell’adolescenza, con le seguenti caratteristiche:

  1. comportamento violento ripetitivo e persistente con cui, nei dodici mesi precedenti, vengono violati i diritti fondamentali degli altri oppure le principali norme o regole sociali appropriate all’età;
  2. comparsa di almeno tre dei sintomi compresi nelle quattro seguenti categorie:
    1. atti di aggressione a persone ed animali sotto forma di prepotenza, minaccia o intimidazione verso gli altri e che avvia colluttazioni;
    2. atti di distruzione della proprietà;
    3. atti di frode o furto;
    4. atti di violazione di regole.

Riguardo ai modificatori del decorso: il rischio che il disturbo persista è aumentato dalla concomitanza di abuso di sostanze e deficit di attenzione/ iperattività (DDAI)

Il gruppo deli disturbi del controllo degli impulsi comprende piromania e cleptomania.

La piromania, di solito associata ad elevata comorbilità con disturbi da sostanze d’abuso, con disturbi depressivi e bipolari, con disturbi della condotta e/o del comportamento dirompente e altri disturbi del controllo degli impulsi, è un disturbo mentale che induce un individuo a mettere in atto l’impulso ad appiccare, deliberatamente e intenzionalmente, il fuoco ad edifici o altre entità infiammabili soltanto per il fascino che il fuoco suscita in lui e non già per trarre un vantaggio pratico o per vendetta o in forza di una ideologia o di una convinzione delirante.

La cleptomania, anch’essa associata a comorbilità, come l’acquisto compulsivo, con i disturbi depressivi e bipolari, con turbe dell’alimentazione, del comportamento dirompente, della condotta e con altri disturbi del controllo degli impulsi, è un disturbo mentale che induce un individuo a mettere in atto l’impulso a rubare oggetti di cui non ha bisogno per l’uso personale e/o per il loro valore economico.

L’atto del furto è preceduta da una forte tensione ed è seguito da una sensazione di piacere e di sollievo.

Altri disturbi mentali con comportamenti violenti che possono insorgere nell’età evolutiva sono solitamente correlati ad un umore irritabile, tale da indurre facili e frequenti scoppi di collera. Tra i disturbi di questo gruppo si ricordano i seguenti: il disturbo da stress acuto, il disturbo da stress post-traumatico, il disturbo dell’adattamento con alterazione dell’emotività e della condotta, il disturbo reattivo dell’attaccamento

Il disturbo da stress acuto è un disturbo conseguente ad un evento estremo che, insorgendo nel primo mese dell’evento stesso, si esaurisce in questo stesso periodo.

Il disturbo post-traumatico da stress è un disturbo che può insorgere in persone di qualunque età, a seguito di un evento estremo che abbiano vissuto o a cui abbiano assistito. Il quadro clinico è caratterizzato da un continuo rivivere l’evento traumatico e dall’evitamento degli stimoli associati all’evento traumatico.

Il disturbo dell’adattamento con alterazione dell’emotività e della condotta
È caratterizzato da sintomi emotivi o comportamentali in risposta ad uno o più eventi stressanti identificabili che si manifestano entro tre mesi dall’insorgenza di tali eventi. Tali disturbi configurano un quadro clinico che può durare meno di sei mesi oppure 6 mesi e più. Nel primo caso si tratta di un disturbo acuto dell’adattamento, nel secondo caso di un disturbo cronico dell’adattamento.
Esempi di evento stressante singolo sono: perdita di persona cara, incidente stradale, insuccesso scolastico, perdita del lavoro o licenziamento dal posto di lavoro, grave malattia propria o di un congiunto. Esempio di eventi stressanti multipli: difficoltà economiche associate a difficoltà coniugali, difficoltà in ambito familiare in genere.

Il disturbo reattivo dell’attaccamento è un disturbo che colpisce bambini di età inferiore a 5 anni, che vivono in ambienti familiari o in istituti del tutto o in gran parte incapaci di provvedere ai loro bisogni materiali, affettivi e relazionali. Il quadro clinico di questo disturbo oltre ad una marcata irritabilità con facili scoppi di collera per futili motivi e talora comportamenti violenti contro le persone e/o le cose, comprende difficoltà a stabilire e/o mantenere a lungo relazioni interpersonali costruttive.

 

Disturbi mentali con comportamenti violenti dell’età adulta

Sono disturbi al cui determinismo concorrono fattori genetici, biologici, psicologici e psicosociali e che si manifestano con un quadro clinico di cui fanno parte comportamenti violenti, che insorgono abitualmente nell’età adulta, ma possono insorgere, raramente, anche in quella evolutiva.
In questo gruppo rientrano il disturbo bipolare e i disturbi correlati, il disturbo depressivo maggiore e altri disturbi depressivi, i disturbi dello spettro della schizofrenia, quello antisociale e borderline di personalità, e i disturbi da sostanze d’abuso.

Il disturbo bipolare e disturbi correlati comprendono il disturbo bipolare I e II, il disturbo ciclotimico, il disturbo bipolare e disturbi correlati indotti da sostanze/farmaci, disturbo bipolare e i disturbi correlati dovuto ad un’altra condizione medica, disturbo bipolare e i disturbi correlati dovuto con un’altra specificazione, disturbo bipolare e disturbi correlati senza specificazione.
Nella classe del disturbo bipolare e disturbi correlati, i pazienti che più frequentemente manifestano comportamenti violenti eterodiretti sono quelli affetti da disturbo bipolare I in episodio maniacale o ipomanicale.

I pazienti che più frequentemente manifestano comportamenti suicidari sono quelli affetti da disturbo bipolare I o da disturbo bipolare II in depressione.

I disturbi dello spettro della schizofrenia presentano nel loro quadro clinico sintomi che, secondo la tradizione medica, si distinguono in positivi o produttivi e sintomi negativi o difettuali. Tra i primi sono compresi i deliri e le allucinazioni. Tra i secondi il decadimento cognitivo, il distacco emotivo o assenza di emozioni, l’impoverimento delle funzioni comunicative, la difficoltà a concentrarsi, l’indebolimento più o meno grave della capacità di provare piacere in alcune esperienze inerenti alla quotidianità e a circostanze particolari e della spinta a prendere iniziative per migliorare il proprio benessere e le proprie possibilità di sopravvivenza.

Attualmente la patogenesi della schizofrenia, pur essendo multifattoriale, viene spiegata con un aumento della produzione di dopamina da parte dei neuroni dopaminergici dell’area tegmentale ventrale, che scaricano un eccesso del neurotrasmettitore sui neuroni gabaergici situati nel sistema mesocorticale (corteccia prefrontale) e nel sistema mesolimbico (nucleo striato ventrale) con una iperattivazione o una inibizione dell’attività gabaergica a seconda se sulla membrana post sinaptica dei neuroni gabaergici ci sia il recettore D1 (attivante) o D2 (inibente)- Nel primo caso, la scarica del neurotrasmettitore GABA sui neuroni glutammatergici porta ad una inibizione di questi ultimi con conseguente rallentamento dell’attività prefrontale e comparsa dei classici sintomi negativi. Nel secondo caso il sistema limbico rimane disinibito con la comparsa dei sintomi positivi della schizofrenia.
I soggetti affetti da disturbi dello spettro della schizofrenia che più frequentemente manifestano comportamenti violenti sono quelli il cui quadro clinico comprende un delirio di persecuzione e/ o un delirio di gelosia o un delirio erotomanico.
L’oggetto della violenza dei pazienti con delirio di persecuzione sono i loro presunti persecutori. L’oggetto della violenza dei paziente con delirio di gelosia può la persona amata ritenuta infedele ovvero il presunto rivale in amore o entrambi. L’oggetto della violenza dei Pazienti con delirio erotomanico sono le persone che sono, erroneamente, considerate responsabili del fatto che la persona da cui sono convinti di essere amati non possa accedere al rapporto amoroso da loro desiderato
Tra i pazienti dello spettro della schizofrenia non sono rari comportamenti autoloesivi o suicidari.

Il disturbo antisociale di personalità, i cui fattori di rischio sono il basso livello socioeconomico della famiglia di appartenenza e l’eredofamiliarità (inclinazione ad attività illegali), si manifesta fin dall’età di 15 anni, ma non può essere diagnosticato prima dell’età adulta. Il decorso è cronico con possibili remissioni con l’avanzare dell’età.

Le sue caratteristiche sono:

  1. incapacità di conformarsi alle norme sociali per ciò che concerne il comportamento legale, come indicato dal ripetersi di condotte suscettibili di sanzioni penali;
  2. inclinazione a mentire, ad usare falsi nomi o truffare gli altri ripetutamente per trarne profitto o piacere;
  3. difficoltà a controllare gli impulsi e incapacità a pianificare;
  4. irritabilità e aggressività come indicato da scontri o assalti fisici ripetuti;
  5. inosservanza di misure orientate a garantire la sicurezza propria e degli altri;
  6. incapacità a sostenere un’attività lavorativa continuativa e far fronte agli obblighi finanziari;
  7. mancanza di rimorso per i danni fisici o economici che le proprie condotte producono agli altri.

Il disturbo borderline di personalità è caratterizzato da 5 o più dei seguenti sintomi:

  1. intensità e instabilità delle relazioni interpersonali, caratterizzate all’alternanza tra gli estremi della idealizzazione e svalutazione;
  2. alterazione dell’identità, nel senso che l’immagine di Sé e al percezione di Sé sono marcatamente e persistentemente instabili;
  3. sforzi disperati di evitare un reale o immaginario abbandono;
  4. impulsività in almeno due aree che sono potenzialmente dannose: abuso di sostanze, guida spericolata, abbuffate ed eccessi di sesso;
  5. ricorrenti minacce, gesti, comportamenti suicidari o comportamenti automutilanti;
  6. instabilità affettiva dovuta ad una marcata reattività dell’umore, quali, ad esempio, episodica intensa disforia, irritabilità o ansia, che di solito durano poche ore e soltanto raramente più di pochi giorni;
  7. sentimenti cronici di vuoto;
  8. rabbia immotivata e intensa con difficoltà a controllarla, con impulsi clastici o aggressivi verbali o fisici;
  9. ideazione paranoide o gravi sintomi dissociativi transitori, legati allo stress.

 

I comportamenti violenti correlati a disturbi della sfera sessuale sono il sadismo e masochismo, disturbi mentali della sfera sessuale incentrati su comportamenti violenti fisici o morali nei confronti di sé stessi o del partner sessuale

Il sadismo è un disturbo caratterizzato dall’ impulso ad infliggere al partner sessuale sofferenza morale e/ o fisica o lesioni più o meno gravi.

Il masochismo è un disturbo caratterizzate dalla ricerca, nel rapporto con il partner, della sofferenza fisica o dell’umiliazione di sé stessi.

I comportamenti violenti correlati a sostanze d’abuso hanno avuto una crescente incidenza nell’ultimo cinquantennio. I comportamenti violenti indotti dall’alcol hanno un’ incidenza assai più elevata e significativa rispetto di quelli indotti da altre sostanze da abuso.

 

I servizi competenti in materia di prevenzione dei comportamenti violenti individuali.

Per attuare una corretta prevenzione dei disturbi della salute bisogna conoscerne, l’etiologia e la patogenesi, ridurre o eliminare, ove possibile, i diversi fattori di rischio, onde attuare un sistema sanitario provvisto di tecniche diagnostiche e terapeutiche efficaci ed efficienti per la loro diagnosi e cura. La prevenzione si attua attraverso i tre momenti canonici di primaria, secondaria e terziaria.

Va da sé che la prevenzione primaria inerente alle patologie da fattori endogeni come l’assetto genetico e le anomalie cromosomiche allo stato attuale delle nostre conoscenze e delle tecniche risulta di pressoché impossibile attuazione. La prevenzione primaria inerente ai fattori di rischio esogeni è molto spesso realizzabile non tanto con misure che sono alla portata dell’individuo ma piuttosto con misure correlate alle capacità organizzative della Comunità a cui egli appartiene

La prevenzione secondaria richiede la preparazione dei membri della comunità a collaborare con le persone colpite da una malattia, facilitandone il trasporto al domicilio alle strutture sanitarie e viceversa. Essa si realizza mediante misure tecnico-organizzative rivolte a consentire:

  1. la diagnosi strumentale preclinica di una malattia, ove possibile;
  2. la messa in opera precoce a favore dei malati dei provvedimenti terapeutici atti a ridurre al minimo l’azione dannosa dell’agente patogeno;
  3. la messa in opera dei provvedimenti atti a ridurre o superare l’eventuale disabilità che la malattia comporta durante la sua fase attiva.

La prevenzione secondaria di certe patologie è pressoché impossibile quando esse hanno un esordio improvviso (atti di aggressione contro sé stessi e gli altri di depressi o schizofrenici) talora con conseguenze irreparabili;

Per prevenzione terziaria si intende l’insieme degli interventi atti a prevenire la ricaduta o la recidiva di una malattia (terapia di mantenimento, evitamento dei fattori di rischio) o l’aggravamento della disabilità conseguita alla malattia.

 

La fattibilità della prevenzione dei comportamenti violenti individuali

Il compito assegnato, in Italia, ai servizi sociosanitari di operare in modo che i membri di una comunità ne rimangano esenti, il più possibile, da disturbi mentali che inducono comportamenti violenti, allo stato delle nostre conoscenze non è più solo un ideale di riferimento ma un obbiettivo realisticamente perseguibile.

Si ritiene necessario tuttavia sottolineare che un’organizzazione socio-sanitaria che si presenta come orientata verso la promozione della salute mentale dei cittadini può perseguire questo obbiettivo a due condizioni.
La prima condizione è che i servizi di salute mentale siano funzionalmente collegati ai servizi sanitari di base, la medicina generale e la pediatria e che questi ultimi siano provvisti, per ciascun assistito, di un libretto di rischio, in cui vengono definiti i disturbi della salute a cui l’assistito è esposto in base ai fattori di rischio a cui risulta sottoposto, siano essi di natura genetica, ambientale, lavorativa, familiare, culturale o psicosociale.
La seconda condizione è che la sua attività sia contestuale a politiche territoriali volte a promuovere un adeguato sviluppo economico sociale e culturale della comunità di cui si intende promuovere la salute.

E’ ragionevole infine ritenere che la prevenzione dei disturbi mentali il cui quadro clinico comprende comportamenti violenti abbia possibilità di successo tanto più quanto più venga valorizzata concretamente la partecipazione attiva delle componenti della società civile che credono in questo obbiettivo.

 

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Giuseppe Luciano

Vice Direttore Scientifico ACSA Magazine

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