La prevenzione del diabete mellito tipo 2 nell’anziano: da millenni resta valido l’insegnamento di Ippocrate

 

Nel 2009 il diabete veniva indicato come causa principale di morte in 20.760 casi e come concausa in 71.978 casi. Il Sud rappresenta a tutt’oggi il maggior serbatoio di persone pari a circa 1.000.000, affette dalla malattia, una volta e mezzo più numerosi di quelli residenti nelle regioni del Nord-Ovest e del Centro, il doppio rispetto ai residenti del Nord-Est e il triplo di quanti vivono nelle Isole. Attualmente sanno di esserne colpiti oltre 3 milioni di pazienti, per la maggior parte appartenenti alle classi più povere e all’età anziana, caratterizzate entrambi da una grande prevalenza di adiposità viscerale (se non obesità) e di inattività fisica, due fattori di rischio fondamentali per il diabete tipo 2 (DMT2, insulino-resistente).

In relatà gli ultra-settantacinquenni, che di per sé assommano al 40% di tutti i pazienti con DMT2, rappresentano il 20% della popolazione generale e non a caso i geriatri hanno sottolineato il forte legame esistente fra DMT2 ed invecchiamento, ben descritto nella Fig.1. Entrambi i fattori infatti  sono caratterizzati da un’elevata prevalenza di infiammazione cronica di basso grado, malnutrizione, insulino-resistenza ed obesità sarcopenica, con conseguente ridotta massa e forza muscolare, esauribilità fisica, ridotta resistenza alla fatica. Tutti questi purtroppo sono responsabili nel loro insieme di disfunzione degli arti inferiori e propensione a cadute rovinose con ospedalizzazione protratta e conseguente rapida progressione dalla fragilità alla disabilità [1].